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Pillole di psicologia

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  • Immagine del redattorePsicologa Elisabetta Schiesari

Aggiornamento: 17 nov 2022

“Anche il silenzio comunica: quando la scelta migliore è tacere, taccio.”


Capita che il mondo che ci circonda venga avvolto da un'aurea di silenzio.

Questa situazione esprime la prima esperienza di vita vissuta, ovvero la nostra vulnerabilità.

Difficilmente si comprende che in questo silenzio viviamo la solitudine più profonda per questo la nostra libertà ci fa ritrovare noi stessi solo in riferimento all'altro.

Senza l'altro non si riesce a comprendere quale è il nostro posto nel mondo, scopriamo la nostra identità nell'altro.

Eppure in questo silenzio riceviamo un dono, quello di essere accolti da noi stessi, amandoci per primi. E' un'esperienza di gratuità che nessuno ci può portare via.

In silenzio impariamo a conoscere e a riconoscere il nostro corpo.


"Le persone silenziose sono quelle che hanno le menti più rumorose."

Di solito, a prima vista, il silenzio è una zona oscura, un vuoto angoscioso, da riempire di suoni e parole nella mente e con impegni nella giornata. Evoca l’angoscia del nulla, il timore di vedere rispecchiata una nostra inconsistenza, una nostra nullità. Sono le ragioni per cui si tende a considerare il silenzio come uno straniero indesiderato. E sono le stesse ragioni per cui è raro trovare una buona disposizione, un’abitudine, all’ascolto, vivendo l’ascolto necessariamente di silenzio.


Prepararsi nel silenzio

Secondo Heidegger il silenzio è primariamente propedeutico alla comprensione. Il silenzio è condizione fondamentale, quindi, per l’accoglienza di un Esser-ci nella sfera esistenziale di un altro Esser-ci. Un silenzio autentico è da ricercarsi proprio come un’esistenza autentica. Il silenzio, dunque, è lo strumento fondamentale che l’uomo può utilizzare per contrastare la banalità della chiacchiera e dell’esistenza inautentica: è un dispositivo che permette all’uomo di vivere secondo un progetto di vita autentica e permette di cogliere la vera essenza dell’Essere.


Il silenzio è prima di tutto ascolto e accoglienza.

«L’invisibile alberga dentro ciascuno di noi. Perché in ciascuno di noi c’è una dimensione che non esponiamo al mondo, un pezzo celato e che spesso rappresenta l’essenza più vera e più autentica, quella parte, cioè, che non si vede ma che è essenziale, quella parte che spesso resta muta per paura del giudizio altrui, perché ci crea disagio, ci fa paura.»

Il silenzio non visto soltanto come l’atto di tacere dinanzi a un altro che parla, ma come l’orizzonte di senso dentro cui accogliere la realtà, la relazione tra le cose, il significato di un’esistenza. Il silenzio come orizzonte di senso esprime la capacità dell’uomo di cogliere il fondamento della realtà, che non si ferma a quel che appare, ma in quel che appare coglie ciò che è invisibile agli occhi; nell’ordinario afferra lo straordinario. Il silenzio è, pertanto, la possibilità dell’oltre, è il sempre altro; è la trascendenza; è la differenza. È la relazione in cui ogni essere è se stesso e ogni altro è accolto in quanto altro. Il silenzio, così percepito, non è vuoto. Il silenzio è una pienezza, perchè apre l’uomo all’incontro.



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