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Pillole di psicologia

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  • Immagine del redattorePsicologa Elisabetta Schiesari

Aggiornamento: 3 mar 2022

Il dolore puro è difficile da raccontare. Ma qui qualcuno ci è riuscito, con una precisione e un’onestà che ci lasciano ammirati, arricchiti.

Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica. Gli stessi sobbalzi dello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli. Inghiotto in continuazione.


Altre volte è come un’ubriacatura leggera, o come quando si batte la testa e ci si sente rintronati. Tra me e il mondo c’è una sorta di coltre invisibile. Fatico a capire il senso di quello che mi dicono gli altri. O forse, fatico a trovare la voglia di capire. È così poco interessante. Però voglio avere gente intorno. Ho il terrore dei momenti in cui la casa è vuota. Ma vorrei che parlassero fra loro e non a me.


Ci sono momenti, del tutto inattesi, in cui qualcosa dentro di me cerca di rassicurarmi che soffro, sì, ma non così intollerabilmente. Nella vita di un uomo l’amore non è tutto. Ero felice già prima di conoscere H.1 Ho parecchie “risorse”, come si dice. Queste sono cose che tutti superano. Ma sì, me la caverò. Ci si vergogna di ascoltare questa voce, ma per un po’ gli argomenti sembrano persuasivi. Poi, d’un tratto, la stilettata rovente di un ricordo, e tutto quel “buonsenso” svanisce, come una formica nella bocca di una fornace.


Per reazione si passa all’emotività e alle lacrime. Al patetismo lacrimoso. Preferisco, quasi, i momenti di angoscia. Almeno sono puliti e onesti. Mentre il bagno di autocommiserazione, il crogiolarsi nella sofferenza, l’orrida e appiccicosa voluttà del pianto – che disgusto! E nell’atto stesso di cedervi, so che mi porta a un’immagine falsa di H. Se gli do via libera, in pochi minuti alla donna reale avrò sostituito un fantoccio su cui singhiozzare senza ritegno. Grazie a Dio, il ricordo di lei è ancora troppo forte (lo sarà sempre?) per permettermi di farla franca.

Ho il terrore dei momenti in cui la casa è vuota. Ma vorrei che parlassero fra loro e non a me. E ci sono momenti, del tutto inattesi, in cui qualcosa dentro di me cerca di rassicurarmi che soffro, sì, ma non così intollerabilmente.

Pensieri


Non importa se tutte le fotografie di Helen sono brutte. Non importa (non molto) se il mio ricordo di lei è imperfetto. Le immagini, sulla carta o nella mente, non sono importanti in sé. Sono solo agganci. Voglio Helen, e non qualcosa che sia simile a lei. Una fotografia veramente bella potrebbe alla fine diventare una trappola, un ostacolo. Le immagini, devo supporre, hanno una loro utilità, o non sarebbero così diffuse. Ma per me è evidente il loro pericolo.


Le immagini del Sacro diventano facilmente immagini sacre, sacrosante. Quindi non la mia idea di Helen, ma Helen! Forse che non facciamo spesso questo errore con chi è ancora vivo, con chi è accanto a noi nella stessa stanza? Rivolgendo le nostre parole e le nostre azioni non all’uomo vero ma al ritratto, al riassunto, quasi, che ne abbiamo fatto nella nostra mente?


Quando la fine fu vicina, le dissi: “Se puoi... se è permesso... vieni da me quando sarò anch’io sul letto di morte”. “Se è permesso! – rispose – il Cielo avrebbe un bel daffare a trattenermi”. Sapeva di usare una sorta di linguaggio mitologico, con una nota di arguzia, perfino. Negli occhi, insieme alle lacrime, le brillava una risata. Che malvagità sarebbe, se ne avessimo il potere, richiamare in vita i morti! Non a me, ma al prete, disse: “Sono in pace con Dio”. E sorrise, ma non a me.

  • Immagine del redattorePsicologa Elisabetta Schiesari

Aggiornamento: 3 mar 2022

Ognuno è OK.

Ognuno ha la capacità di pensare.

Ognuno decide il proprio destino e queste decisioni possono essere cambiate.

Ogni persona nasce OK (principi o principesse) mentre sono le transazioni con le persone (o meglio la sua interpretazione di queste) che generano il copione e lo condizionano (e ci trasformano eventualmente in rospi).


Tutto il mondo è un palcoscenico e gli uomini e le donne sono soltanto attori. Hanno le loro uscite e le loro entrate e nella vita ognuno recita molte parti” (Shakespeare)

ll copione


Il copione di vita è “un piano di vita che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi, e che culmina in una scelta definitiva". Per l’AT si tratta di un piano specifico e non solamente di una visione generale del mondo; è redatto sotto forma di azione drammatica con un suo netto inizio, una parte intermedia (uno svolgimento) ed una fine.

Caratteristiche:

  • culmina in una scelta definitiva

  • si basa su una decisone

  • è rinforzato dai genitori

  • è fuori dalla consapevolezza

  • giustificato dagli avvenimenti successivi

Perchè il copione?

Le decisioni di copione sono prese sulla base delle emozioni e dell’esame della realtà del bambino.

I bambini sono piccoli, dipendenti e vulnerabili mentre il mondo è popolato da giganti: il copione è la migliore strategia che i bambini hanno per sopravvivere. Per tutti gli anni della formazione del copione il bambino è in una posizione d'inferiorità, egli percepisce i genitori come dotati di un potere totale, e nell’infanzia questo è un potere di vita o di morte. Il bambino piccolo inoltre non ha la percezione adulta del tempo; se sente fame o freddo e mamma non accorre, forse vuol dire che non verrà mai, e questo significa la morte o peggio: vuol dire essere abbandonato per sempre.

Un bambino piccolo non pensa come un adulto, né prova emozioni allo stesso modo. Le decisioni di copione sono prese sulla base di modi peculiari che ha il bambino di pensare e sentire. L’esperienza emozionale del bambino è di rabbia, di totale abbandono, di terrore e di estasi; non è sorprendente che le decisioni prese siano spesso estreme. Supponiamo p.e. che la madre del bambino sia disuniforme nel rispondere alle sue esigenze; a volte lei accorre ma altre volte lo ignora. Il bambino non ne trae semplicemente l’idea che “della mamma non ci si può fidare” ma magari trae la conclusione che “degli altri non ci si può fidare” o che “delle donne non ci si può fidare” e le conclusioni per la sua vita saranno molto diverse.


Tutti abbiamo un copione?


E’ possibile, in linea teorica che una persona sia stata lasciata talmente libera da bambina da non sentire la necessità di prender alcuna decisione se non quando, da adolescente o da adulta, è in possesso di tutti gli elementi per farlo. In generale possiamo però affermare con Steiner che i copioni banali sono la normalità, quelli distruttivi una minoranza, le persone senza copione sono una felice eccezione.

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