top of page
  • discussioni
  • Telegramma
  • Black Icon Instagram

Pillole di psicologia

Cerca
  • Immagine del redattorePsicologa Elisabetta Schiesari

"🅒🅞🅡🅡🅔🅡🅔 è bello." Enrico Arcelli



Il 🅒🅞🅡🅡🅔🅡🅔 rappresenta la nostra resilienza. La resilienza è la capacità di perseverare, di far fronte alle difficoltà e far durare la motivazione malgrado le difficoltà e gli ostacoli. Primo Levi scrive:

"Facoltà umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa anche in circostanze apparentemente disperate, è stupefacente e meriterebbe uno studio approfondito."


Resilienza è fare i conti con la propria impotenza, ma anche vincere la paura del domani. E' una speranza inaspettata e spesso imprevedibile, una capacità che si può davvero costruire, allenare e aumentare nel corso del tempo.


Vincere la paura del domani attraverso l'amore verso sé stessi e verso l'altro, una motivazione umana che ci chiede impegno e, a volte, sacrificio.


Non è vero che il tempo è la tomba dell'amore, lo è il mordi e fuggi. Il cuore è l'occhio con cui scrutiamo l'essenziale e l'amore è essenziale. Ma il cuore è nascosto; perché si possa trovare e lui si voglia scoprire, sono necessari delicatezza, tempo, pazienza, volontà di 🅒🅞🅡🅡🅔🅡🅔 un rischio, di mettersi in gioco.


E perché si possa vedere col cuore il rischio da 🅒🅞🅡🅡🅔🅡🅔 è quello di rendersi responsabili dell'altro, che significa, nel corteggiamento, farsi responsabili della propria onestà per non ingannare, farsi responsabili anche dell’onestà dell’altro per non metterlo in situazioni imbarazzanti, pericolose.


La corsa è una scuola di vita, una scuola che passo dopo passo insegna il senso del sacrificio, dell'impegno, della costanza e della responsabilità.

  • Immagine del redattorePsicologa Elisabetta Schiesari

Aggiornamento: 18 ago 2023

Alla domanda: tu hai un corpo, o sei un corpo, quale risposta dai? Che cosa dici di te: io sono il mio corpo, oppure io ho un corpo?

 

Parlare di sessualità necessariamente significa affrontare il fatto che non solo noi esistiamo al modo di maschio e di femmina, ma anche che questo modo di esistere è incarnato, cioè non possiamo che vivere nella forma corporale.


  • Io sono il mio corpo

Le risposte non si equivalgono, perché, se dico che io sono il mio corpo, vuol dire che tutta la mia interiorità si esaurisce con l'esaurirsi del corpo e che il suo unico significato è di tipo materiale. Io mi identifico totalmente con le sue sorti. Questo significa che sarà fondamentale e prioritario su tutto averne cura perché possa meglio presentarsi e meglio funzionare. Il che è sì un valore, cioè una cosa buona.


Se hai risposto «io sono il mio corpo», ciò nonostante non hai detto una cosa falsa, perché è vero che chi vuole entrare in relazione con te deve farlo «passando» per questo medium (cioè mediatore tra te e il resto della realtà). Del resto tu hai solo il corpo per esprimerti. La tua interiorità «passa» attraverso lui. Quando ti svegli e devi vestirti, non sarà indifferente la scelta dell'abbigliamento che farai, probabilmente, a partire dall'umore che hai. Se sei in pieno innamoramento, con ogni probabilità avrai gli occhi splendenti, ti presenterai con un aspetto più curato che esprime la gioia e la speranza che ti muove. Così quando sei triste, lo sguardo è spento, la pelle è opaca. Insomma, per capire come stai e per comunicarlo, il corpo è la frontiera obbligata. Lui parla di noi molto più di quanto noi stessi crediamo. Il nostro modo di vestire, di atteggiarci, di muoverci, è espressione della nostra interiorità.


Dire «io sono il mio corpo» contiene una verità che non basta per poter considerare completamente l'affermazione. Sono il mio corpo nel senso che chi mi deve raggiungere lo può fare solo attraverso di esso; sono il mio corpo perché raggiungo l'altro attraverso esso; sono il mio corpo perché manifesto la globalità di me attraverso l'espressione corporea. Ma non sono il mio corpo perché io sono molto più del corpo. La materia del corpo non esaurisce la mia persona. Io sono un essere trascendente, che trascende cioè la temporalità e la materialità.


  • Io ho un corpo

Se hai risposto privilegiando questa affermazione : «io ho un corpo », hai ben chiaro il fatto che né tu né io possiamo esaurire la nostra realtà personale con il corpo. Per dirla in maniera sintetica: non sei un materialista. Pensare infatti che il corpo materiale sia in sé tutto quello che possiamo definire con me stesso è decisamente riduttivo, abbiamo detto.


A questo punto vediamo da vicino che cosa comporta dire «io ho un corpo». Per prima cosa intendo dire che il corpo è mio e di nessun altro, ne ho piena signoria e su di esso nessuno può fare alcunché senza che io sia consenziente. E questo è senz'altro giusto e corrisponde a verità. Ma il punto debole di questo ragionamento fa capolino proprio dal suo punto di forza: io esercito una signoria sul corpo perché è mio. Se io non faccio coincidere il corpo con me stessa, cado nella trappola di separarlo da me e di trattarlo al pari di uno strumento, più o meno nobile, più o meno coccolato, ma uno strumento che non ha la dignità di partecipare, nel bene e nel male, della mia stessa sorte. Se il corpo mi appartiene, io posso «usarne». Allora così come è gradevole mangiare un buon gelato, è gradevole fare una bella passeggiata, potrebbe essere gradevole «fare l'amore» con chi mi attrae e mi piace.


Forse tu non hai mai pensato in maniera così esplicita, ma non è detto che, in maniera riflessa, non siano queste convinzioni che muovono la tua vita e i tuoi progetti. Il problema che si cela dietro queste cose argomentazioni è quello di capire se il mio corpo partecipa anch’egli della felice o infelice riuscita della mia vita; se io entro nella felicità o dell'infelicità a partire da come intendo la mia vita vissuta nel corpo oppure se quello che conta nel giocarmi la vita sono le intenzioni e l'interiorità (lo spirito) senza che questa abbia una relazione determinante con la «carne».


La sessualità è una componente fondamentale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l'amore umano. In questa unità perfetta dell'io, non ci sono parti «nobili» e parti «meno nobili» perché , se ciò che sta in basso non si regge senza ciò che sta in alto, è oltremodo vero il contrario: ciò che sta in alto non si regge senza ciò che sta in basso .


Tutto, corpo ( che sta «in basso» ), psiche e spirito ( che sta «in alto» ) è integrato e compenetrato, tutto è degno e nobile. È vero che ciò che sta in alto, però, è ciò che dà senso a ciò che sta in basso: il significato della sessualità è comprensibile solo se partiamo da questa unità. Solo il biologico non può rendere ragione della sessualità: esso ha bisogno dell'interpretazione psichica e, molto di più, spirituale, la quale si incarica di rivestire di significato tutta la complessità personale. Ma del resto, lo spirito «ragiona» a partire dalla costituzione del corpo che è biologica ma che già, per come esso è fatto, contiene una specie di alfabeto che lo spirito legge e interpreta.




bottom of page